B@belonline vol. 5 Ernst Bloch e il principio utopico ieri e oggi

B@belonline vol. 5
Editore: RomaTrE-Press
Data di pubblicazione: dicembre 2019
Pagine: 580
ISBN: 2531-8624
n° downloads ad oggi: 896

Abstract

This part of the present issue, edited by Attilio Bruzzone, Guelfo Carbone e Elisabetta Colagrossi, collects most of the papers discussed at the international conference held in 2018 partly in Rome and partly in Genoa in order to celebrate the centenary of Bloch’s Geist der Utopie. The overarching aim is to showcase the dialogue between these two occasions and the shared intent to tackle, once again, this “incendiary” work by Bloch, which is a masterpiece of the political thought on the Utopia of the last century.

Contributi

Introduzione

Francesca Brezzi 

DOI: 10.13134/2531-8624/1

Introduzione. Per il centenario di Geist der Utopie

Attilio Bruzzone  Guelfo Carbone 

L'Introduzione fornisce alcune brevi osservazioni sulla storia editoriale del Geist der Utopie di Bloch, un paragrafo sulla sua contestualizzazione rispetto ai nostri giorni e una panoramica della parte tematica del volume.

The Introduction provides a few brief remarks on the editorial history of Bloch’s Geist der Utopie, a paragraph on his contextualization with respect to our present time and an overview of the thematic part of the volume.

DOI: 10.13134/2531-8624/2

“L’inizio che accade sempre di nuovo”

Laura Boella 

Spirito dell’utopia di Bloch fu certamente un inizio, un manifesto di nuovo pensiero, la risposta partecipe di un giovane intellettuale a un’epoca di nuovo inizio. Tale inizio blochiano continua a iniziare molto dopo l’opera inaugurale e profetica pubblicata cento anni fa. Tuttavia non è stato il Geist il primo volume della Gesamtausgabe, che invece iniziò con Tracce. Il libro del 1930 non ha sostituito il libro del 1918/1923, ma l’opera blochiana ha un doppio inizio, necessario per mettere in movimento l’inizio e non imprigionarlo nella logica del successo o del fallimento di un momento storico e esistenziale specifico. Seguendo l’intreccio tra lo Spirito dell’utopia e Il Principio Speranza, il presente contributo si rivolge a quel doppio inizio dell’opera blochiana, che permette di osservare come i due momenti del suo pensiero, che Adorno riteneva incompatibili – di umiltà e al tempo stesso di fragore – facciano invece parte della personalità di Bloch, il quale portò la difficoltà dell’inizio e la sua ostinata permanenza e sollecitazione fin nel cuore del suo pensiero.

Bloch’s The Spirit of Utopia was indeed an inception, manifesto of a new thinking, the engaged reply of a young intellectual to an age of new beginnings. Bloch’s inception remains an inception still today, many years after the appearance of this seminal and prophetic work a century ago. However, The Spirit of Utopia is not the first volume of Bloch’s Gesamtausgabe, which has begun with Traces, instead. This 1930 book has not replaced the 1918/1923 book; rather, Bloch’s oeuvre presents a twofold beginning, which is needed in order to ignite the inception, and to set it free from the binary logic of success/failure bound up with a particular historical and existential circumstance. The present paper tackles such a twofold beginning by following the intertwinement between The Spirit of Utopia and The Principle of Hope. This move allows to focus on those two features of Bloch’s thinking (which was humble and pretentious at one and the same time) that Adorno deemed incompatible, stressing how these features are part and parcel of the very personality of Bloch, who has brought the difficulty of beginning, its persistent presence, and its insistence right at the heart of his thinking.

DOI: 10.13134/2531-8624/3

Spirito utopico come forza per il futuro e senso per l’oggi

Gerardo Cunico 

Il saggio analizza la concezione blochiana dello “spirito” nelle due opere principali (Spirito dell’utopia e Il principio speranza) in riferimento al problema della forza utopica nell’uomo e nella natura e alla luce della possibile prospettiva di un agire e di un essere dotato di senso.

The essay analyses Bloch’s conception of “spirit” in his major works (The Spirit of Utopia and The Principle of Hope) in connection with the problem of the utopian force in man and nature, and in the light of a possible prospect of meaningful acting and being.

DOI: 10.13134/2531-8624/4

Attesa dell’immenso. Attimo e postulato in Geist der Utopie

Hans-Ernst Schiller 

«Il tema» del numero 5 del 2019 di B@belonline, curato da Attilio Bruzzone, Guelfo Carbone e Elisabetta Colagrossi, raccoglie gran parte degli interventi di un convegno internazionale tenutosi tra Roma e Genova nel 2018 per celebrare il centenario della pubblicazione della prima edizione del Geist der Utopie. Abbiamo qui voluto restituire il dialogo a distanza tra queste due occasioni, generate dal comune intento di tornare a confrontarsi, sempre di nuovo, con quest’opera “esplosiva” del giovane Bloch, uno dei capolavori del pensiero politico utopico del secolo scorso.

The concepts of the darkness of the lived instant (Dunkel des gelebten Augenblicks) and of the postulate are in the centre of Ernst Bloch’s philosophy of the not-yet-being. They have been sketched already in Geist der Utopie and in earlier essays. In the conception of the instant Bloch refers to Husserl’s phenomenology and modifies it. The true being of the subject is hidden in the darkness. It should be thought as not-yet-being or real possibility of its revelation. Bloch tries to make this possibility conceivable with a modification of Kant’s concept of postulate. The conception of instant is important for Adorno’s «metaphysical experience» as well, which has been influenced by Geist der Utopie.

DOI: 10.13134/2531-8624/5

L’umanità come utopia. Una rilettura di Geist der Utopie

Fabiola Falappa 

Bloch, in Spirito dell’utopia, mostra come l’impegno per l’umanizzazione possa resistere nella storia, anche quando deve misurarsi con l’esperienza del tragico epocale. L’umanizzazione è la chiave per la trasfigurazione concreta della realtà e, affinché questa si dia, occorre che la vita maturi e riceva una forma adeguata. Per quanto sia arduo, si tratta di incontrare il proprio sé attraverso un atteggiamento ermeneutico di partecipazione alla condizione comune degli individui e di distacco critico-riflessivo orientato dall’utopia (cioè dal senso del futuro). Si delinea così, per un verso, un orizzonte corale che sa mantenere la doppia eccedenza tra singolo e umanità e, per altro verso, sarà necessario elevarsi a pensare filosoficamente la salvezza, intendendola non come evento magico-escatologico, bensì come affermazione del volto umano e del volto della natura nella storia rispetto a tutto ciò che è degradante e distruttivo. Un merito indubbio di Bloch è quello di essersi tenuto lontano dal trionfalismo del progresso storico e di aver avuto il coraggio, lui filosofo materialista e marxista, di pensare l’eterno.

Bloch, in the Spirit of Utopia, shows how the commitment to humanization can endure in history, even when it must be measured by the experience of the epochal tragic. Humanization is the key to the concrete transfiguration of reality and, in order to be given, it is necessary that life matures and it receives an adequate form. Although it is arduous, it is to meet one’s self through a hermeneutical attitude as an involvement in the common condition of individuals and as a critical-reflective detachment oriented by utopia (namely by the sense of the future). In this way, a choral horizon is delineated, in one sense, that knows how to maintain the double surplus between the individual and humanity and, on the other hand, it will be necessary to rise yourself to think about salvation philosophically, intending it not as a magical-eschatological event, but as an affirmation of the human face and natural aspect in history, compared with all that is degrading and destructive. Bloch's undoubted merit is that of having kept away from the triumphalism of historical progress and having had the courage, as a materialist and Marxist philosopher, to think of the eternal.

DOI: 10.13134/2531-8624/6

«Nur dieser denkende Wunschtraum schafft Wirkliches»: solo questo pensante sogno del desiderio crea qualcosa di reale. Alla ricerca del futuro di Spirito dell’utopia

Daria Dibitonto 

Il tema centrale per pensare al futuro di Spirito dell’utopia è il desiderio, espresso sia dalla parola tedesca Sehnsucht sia dalla capacità di inseguire un sogno di stampo utopico (Wunschtraum). L’autrice mostra in che senso la Sehnsucht, in virtù della sua strutturale oscurità, diventi anelito dell’incontro con il sé nell’ornamento, nell’arte figurativa, nella musica, nella filosofia e nella mistica, ovvero nelle esperienze in cui si manifesta il «problema incostruibile del noi». Il desiderio guida la ricerca di incontro con il sé nella parola intima della filosofia e della mistica o nel suono della musica verso un’identità non solo individuale, ma comune a tutti gli esseri umani, che tuttavia rimane sempre in parte oscura, rinviando al mistero che oltrepassa l’umano. Così l’esperienza creativa, che in Spirito dell’utopia è espressa con la metafora del costruire nel blu, è intesa da Bloch come la via che consente all’uomo di creare realtà attraversando angoscia e speranza, incontrando Lucifero con Cristo e giungendo alla “verità come preghiera” grazie al sogno di desiderio (Wunschtraum) che guida verso il sé, inteso però come un noi sempre in divenire e mai realizzato. Una strada il cui senso e la cui attualità sono illustrate nel presente contributo.

The central topic to think of the future of Bloch’s Geist der Utopie is desire, which is meant with the German word Sehnsucht and also with the ability to follow a utopic dream (Wunschtraum). The author shows how Sehnsucht, due to its structural darkness, can be understood as longing for the self-encounter in the ornament, in figurative arts, in music, in philosophy and in mystique, namely in those experiences where the inconstruable we-problem appears. Desire guides the research of the self-encounter in the inner word of philosophy and of mystique, and in the sound of music towards an identity that is not only individual, but also common to every human being, that remains always partly obscure, referring to the mystery exceeding what is human. Thus, the human creative experience, expressed in Geist der Utopie with the metaphor of building into the blue, is seen by Bloch as the way for building reality getting through angst and hope, through the encounter with Lucifer and Christ and arriving at “truth as prayer” thanks to that dream of desire (Wunschtraum) guiding towards the self, that is intended as an always becoming, but never realized “we”. A way whose sense and viability are presented in this paper.

DOI: 10.13134/2531-8624/7

Kierkegaard-Bloch. Razionalità esistenziale e razionalità pratica

Vincenzo Scaloni 

L’influsso di Søren Kierkegaard sulla filosofia di Ernst Bloch è stato oggetto di scarsa analisi critica, ma le opere giovanili di Bloch, in particolare Spirito dell’utopia, sono piene di positivi riferimenti a Kierkegaard come critico del sistema hegeliano. Ciò che Bloch apprezzava di Kierkegaard era il fatto di essere il pensatore della soggettività e dell’esistenza, che aveva dato grande importanza all’interiorità contro l’astratta oggettività hegeliana. Tuttavia, negli anni ‘30 Bloch divenne via via più critico verso il pensiero di Kierkegaard, a causa della sua svolta marxista-materialista. I suoi manoscritti inediti, ora raccolti in Logos der Materie, testimoniano molto bene questa svolta e l'influsso di Adorno (tramite la sua famosa opera Kierkegaard: la costruzione dell'estetico) sul cambiamento nell'opinione di Bloch. Nel tentativo di basare la sua utopia concreta su fondamenta solide, Bloch elaborò una ontologia del Non-ancora essere, che aveva il suo perno fondamentale nella categoria di possibilità oggettiva. In questo quadro teoretico emerge molto chiaramente la distanza tra la razionalità esistenziale di Kierkegaard e la razionalità pratica di Bloch.

Søren Kierkegaard’s influence upon Ernst Bloch’s philosophy has been the subject of very little discussion, but Bloch’s earlier works, in particular Spirit of Utopia, are full of positive references to Kierkegaard as a critic of the Hegelian system. What Bloch appreciated about Kierkegaard was to be him the thinker of subjectivity and existence, who had given great importance to inwardness against the abstract Hegelian objectivity. However, in the Thirties Bloch grew increasingly critical toward Kierkegaard’s thought, due to his Marxist-materialist turn. His unpublished manuscripts, now collected in Logos der Materie, testify very well such turn and Adorno’s influence (trough his famous work Kierkegaard: Construction of Aesthetic) upon Bloch’s change of mind. In an attempt to establish his concrete utopia on solid foundations, Bloch elaborated an ontology of the Not-Yet being, which has its fundamental pivot in the category of objective possibility. In this theoretical framework the distance between Kierkegaard’s existential rationality and Bloch’s practical rationality emerges very clear.

DOI: 10.13134/2531-8624/8

Utopia e costruzione di una società di giustizia, e più oltre di una società fraterna

Arrigo Colombo 

Questo intervento non è dedicato a Bloch e al suo Geist der Utopie, dove l'utopia si presenta prevalentemente come una forma di conoscenza o un Wachtraum che sublima la conoscenza stessa; né al più maturo e voluminoso, ma anche pletorico,  Prinzip Hoffnung in cui Bloch sviluppa l'utopia come processo storico-materialistico o di uomo-natura, e dove Marx è il grande maestro; di Bloch tuttavia si parla a proposito dell'utopia storica (dopo quella letteraria) e della sua genesi. È invece dedicato in toto all'utopia e anzitutto alla precisazione del suo senso, di contro alla sua degradazione nel progetto puramente immaginario e irreale. È dedicato Soprattutto all'utopia storica, cioè al progetto dell'umanità, e al processo in corso: la costruzione di una società di giustizia in cui l'umanità è impegnata dall'età delle rivoluzioni; e di una società fraterna, il cui principio è già affermato nella Dichiarazione universale dei diritti del 1948: ogni uomo deve comportarsi con gli altri uomini come con dei fratelli. Da notare il deve; è già inteso come un dovere.

This intervention is not dedicated to Bloch and his  Geist der Utopie, where utopia is presented mainly as a form of knowledge or a  Wachtraum that sublimates knowledge; nor to the more mature and voluminous, but also plethoric,  Prinzip Hoffnung in which Bloch develops utopia as a historical-materialistic process or of man-nature, and where Marx is the great master; of Bloch however one speaks with regard to the historical utopia (after the literary one) and its genesis. Instead, it is entirely dedicated to utopia and above all to the clarification of its meaning, against its degradation in the purely imaginary and unreal project. Above all to the historical utopia, that is, to the project of humanity, and to the process underway: the construction of a society of justice in which humanity is committed from the age of revolutions; and of a fraternal society, whose principle is already affirmed in the  Universal Declaration of Human Rights of 1948: every man must behave with other men as with brothers. To be noted: the must it is already understood as a duty

DOI: 10.13134/2531-8624/9

Bloch e l’utopia della Menschenwürde

Giuseppe Cacciatore 

Quale futuro per un’idea politica e etica di dignità umana? Il saggio prende spunto da questa domanda, rifacendosi alle analisi di Bloch in proposito. Nell’opera di Bloch il futuro non è solo il superamento di uno stadio precedente per arrivare ad un’analisi evolutiva ed escatologica che annunci un regno dei fini tanto religioso quanto politico-ideologico. In Bloch, il futuro è ciò che sta per accadere. Grazie alla straordinaria intuizione della Ungleichzeitigkeit (della non-contemporaneità dei tempi storici), infatti, il futuro può anche essere ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, come il futuro di un passato che non ha manifestato la sua positività e che può ancora essere rinvenuto. Uno dei leitmotiv del pensiero di Bloch è l’idea di un’età di transizione che non è stata e non sarà mai compiutamente e definitivamente superata. Questo dispositivo teorico generale è fondamentalmente caratterizzato dal tentativo di mantenere una connessione equilibrata tra la calda corrente della speranza e il freddo flusso della analisi storica. Entro questo quadro, credo, le idee blochiane di democrazia e di diritti umani, intesi come eredità da conservare e proteggere, possono oggi ricevere rinnovata attenzione.

The essay starts from this question: is there a future for an ethical and political idea of human dignity? And I will use Ernst Bloch’s analysis to answer this question. In Bloch’s work the future is not only the overcoming of a previous stage to reach an evolutionary and eschatological analysis that announces a reign of both religious and political-ideological ends. In Ernst Bloch’s point of view, the future is what is going to be. Indeed, thanks to the extraordinary intuition of the Ungleichzeitigkeit (the non-contemporaneity of historical times), the future can also be what has not been and what could have been, such as the future of a past that has not displayed its own positivity and that can still be found. One of the main leitmotiv in Bloch’s thinking is the idea of a transition age that was not and will never be completely and definitively crossed. Within this general theoretical device, that is fundamentally characterized by the attempt to maintain a balanced connection between the warm current of hope and the cold current of historical analysis, I thought that today the Blochian ideas of democracy and of human rights as a heritage to keep and protect, could receive a renewed attention.

DOI: 10.13134/2531-8624/10

Walter Benjamins Rezeption vom Geist der Utopie und das jüdische Problem

Gérard Raulet 

Il Geist der Utopie di Bloch ha dato adito a prese di posizione controverse, non soltanto per il suo stile, ma anche perché la prima versione si inscriveva nell’ampio contesto dei movimenti per il rinnovamento ebraico dopo il primo conflitto mondiale. Nonostante le contraddizioni interne, parzialmente riconducibili a questo sfondo, la ricezione da parte di Walter Benjamin è tra le reazioni più istruttive. Tale ricezione viene qui utilizzata per fare in qualche modo chiarezza sul problematico rapporto di Bloch con l’ebraismo. Ad essere esposte saranno le concordanze tra le posizioni dei due pensatori: la critica che entrambi rivolgono agli elementi etnici (“völkisch”) presenti nei riformatori ebrei; la loro avversione per il sionismo; il loro rigetto di ogni teocrazia, e la loro comune interpretazione universalistica dell’ebraismo come coscienza messianica del mondo. In qual misura Benjamin si sia battuto al fianco della critica di Scholem rivolta al “messianismo teoretico” di Bloch, inteso come “stato di indifferenziazione” storico-filosofico, e si sia pronunciato per un messianismo più rigoroso, rimane per la presente esposizione il decisivo punto di fuga, dall’esito non scontato.

Bloch’s Geist der Utopie has raised a variety of controversial reactions not only because of its style, but also because the first version appeared in the very tense context of Jewish renewal after World War I. Despite the internal contradictions of Benjamin’s reactions, which are partly to relate to this background, Walter Benjamin’s reception is one of the most revealing. The present paper tackles Benjamin’s reaction to the Geist der Utopie in order to shed some light on Bloch’s problematic relationship with Judaism. For this purpose, the paper addresses the concordances between the two thinkers: their critique towards the nationalist / “völkisch” elements of Jewish reformers; their aversion to Zionism; their rejection of any theocracy, and their mutual universalistic interpretation of Judaism as messianic conscience of the world. To what extent Benjamin has shared Scholem’s hard words against Bloch’s “theoretical messianism” as historical and philosophical “indifference state,” and if he has pleaded for a more rigorous messianism, remains a crucial vanishing point, whose outcome is not univocal.

DOI: 10.13134/2531-8624/11

Il principe di questo mondo. Gnosi e attualità dello Spirito dell’utopia

Gabriele Guerra 

Partendo dal rapporto che due pensatori antitetici come Carl Schmitt ed Ernst Bloch avevano con le donne – specchio del rapporto tormentato e complesso dell’identità tedesca tra fine del XIX e prima metà del XX sec. con il femminile – il saggio intende esplorare le concezioni teologiche e filosofiche che articolano in particolare la prima edizione del Geist der Utopie; concezioni in parte attraversate da suggestioni genericamente gnostiche (come molta parte del pensiero tedesco del periodo), in parte percorse da pulsioni cristologiche (che suscitarono la diffidenza di Scholem), ma sempre sorrette da una concezione teofilosofica decisamente innovativa, tra filosofia pneumatica della storia e concezione ecclesiologica radicale, che collocano l’opera giovanile di Ernst Bloch ad un tempo profondamente dentro e profondamente fuori dal dibattito politico-filosofico del suo tempo.

Starting from the relationship that two antithetical thinkers like Carl Schmitt and Ernst Bloch had with women – a mirror of the tormented and complex relationship of German identity between the end of the 19th and the first half of the 20th century with the feminine – the essay aims to explore the theological and philosophical conceptions that articulate in particular the first edition of Geist der Utopie; concepts partly crossed by generic Gnostic suggestions (like much of the German thought of the period), partly crossed by Christological impulses (which aroused Scholem's distrust), but always supported by a decidedly innovative theophilosophical conception, between pneumatic philosophy of history and radical ecclesiological conception, which place Ernst Bloch's youth work at once deeply inside and deeply outside the political-philosophical debate of his time.

DOI: 10.13134/2531-8624/12

“Romanticismo rivoluzionario” mistica religione e spirito utopico. Il pensiero del giovane Ernst Bloch

Arno Münster 

L’obiettivo di questo saggio è di mettere in evidenza che questo libro ‘ermetico’ sia animato da un duplice moto di rivolta e di speranza: dalla rivolta contro un mondo inumano che ha sacrificato lo spirito e la grandezza dell’anima ai vili interessi egoistici, allo sciovinismo e al nazionalismo; e, simultaneamente, dalla speranza messianica della redenzione del male, identificata con la venuta del Messia e del regno della giustizia, dell’uguaglianza e della fraternità. Nel pensiero del giovane Bloch questa soggettività utopica creatrice è dovuta soprattutto al forte influsso della mistica ebraica, della Cabbala, del romanticismo rivoluzionario e di un pensiero mistico-religioso dell’esistenza, segnato da una certa recezione (limitata) della filosofia di Kierkegaard. Si vedrà come questa metafisica dell’interiorità, si volgerà, progressivamente, verso un’ontologia del non-essere-ancora ed una filosofia utopica della prassi per il tramite della convergenza di questa visione mistica-religiosa dell’Io con la visione sociale emancipatoria di Marx, che promette la fine dell’alienazione e dello sfruttamento.

The aim of this contribution is to make clear that this ‘hermetic’ book is  animated by a double movement of revolt and hope, i.e. by the rebellion against an inhuman world and government which has sacrified the spirit and the greatness of the soul to the vile egoist interests, to chauvinism and nationalism, and simultaneously, by the messianical hope of the redemption from evil, which is identified with the arrival of the Messiah and the Reign of Justice, equality  and fraternity. This utopical and creative subjectivity in Ernst Bloch’s thought, is the result of the of the great influence of Jewish mysticism (the Kabbalah), of ‘revolutionary romanticism’ and a mystical-religious thought of existence, strongly marked by the influence of the existential philosophy of Kierkegaard. We will show how this mystical metaphysic of interiority, is progressing, towards an ontology of not-yet-being and a philosophy of praxis via convergence of this mystical vision of the Ego with the social emancipatorical vision of Karl Marx of the end of alienation and exploitation.

DOI: 10.13134/2531-8624/13

Ungleichzeitigkeit e Vor-Schein nella filosofia politica del primo Bloch (1918-1924)

Mauro Farnesi Camellone 

Nella filosofia politica di Ernst Bloch, la categoria di anticipazione, la quale determina la struttura temporale propria alla possibilità della trasformazione politica, è il risultato dello sviluppo della filosofia del pre-apparire (Vor-Schein), esposta nel Geist der Utopie. Il presente contributo intende mostrare come la possibilità di esperienza indicata dall’anticipazione sia precisamente quella che trova la propria articolazione nella dialettica della contemporaneità del non-contemporaneo (Gleichzeitigkeit des Ungleichzeitigen), come esposto da Bloch nei primi anni Venti.

In the political philosophy of Ernst Bloch, the category of anticipation, which determines the temporal structure of the possibility of transformation, is the result of the development of the philosophy of pre-apparition (Vor-Schein) exposed in the Geist der Utopie. The essay aims to show how the possibility of experience indicated by anticipation is that which finds its temporal articulation in the dialectic of the contemporaneity of the non-contemporary (Gleichzeitigkeit des Ungleichzeitigen) as exposed by Bloch during the first years of the Twenties.

DOI: 10.13134/2531-8624/14

Incanto e disincanto. Ragione e sincretismo religioso in Spirito dell’utopia di Ernst Bloch

Patrizia Cipolletta 

Le immagini disseminate nell’opera giovanile di Ernst Bloch non sono solo anticipazioni estetiche dell’immaginario umano, ma risuonano dell’elemento simbolico dell’approdo. Se solo in seguito Ernst Bloch tratterà della differenza tra analogia e simbolo, possiamo però affermare che Geist der Utopie, la sua prima opera è densa di simboli che incantano, che sembrano seguire vie diverse rispetto a quelle della ragione lucida. Solo i simboli oscuri entrano in contatto con il sentire del popolo, e Bloch nella sua prima opera, cerca di accogliere e portare a parola il suono oscuro dell’anima, conservando l’incanto che hanno sempre creato. Il simbolo, come Uno delle differenze, ha echi diversi nella cultura passata che Bloch cerca di ereditare, in questo saggio si ascolta il particolare legame con il pensiero della redenzione di Origene.

The images that we find scattered along Bloch’s early writings are not only aesthetic anticipations of the human imaginary; rather, they resonate with the symbolic element of the haven. Bloch will deal with the difference between analogy and symbol only after the Geist der Utopie, but his first work already presents a variety of symbols that enchant, which seem to offer different paths, alternative to the ones of the lucid awareness. The obscure symbols, though, reach the sense of the people. In this first work, Bloch attempts to assume the obscure sound of the soul, and to bring it to word, maintaining the enchantment of symbols. The symbol, construed as the One for the differences, has manifold echoes in the ancient cultures, which Bloch intends to inherit. The present paper aims at listening to Bloch’s peculiar relation with Origen’s doctrine of salvation.

DOI: 10.13134/2531-8624/15

Kracauer contra Bloch. Utopia, religione, rivoluzione

Attilio Bruzzone 

Il rapporto cruciale tra religione e rivoluzione sul solco dell’utopia è al centro della riflessione filosofica di molti importanti pensatori, soprattutto tedeschi, del primo Novecento. Su questo snodo delicato si incontrano e si scontrano Siegfried Kracauer e Ernst Bloch, due significativi protagonisti della breve ma ricca stagione culturale della Germania di Weimar. Il presente contributo intende fare luce sulla violenta polemica infuriata tra i due filosofi all’indomani della dura recensione di Kracauer al Thomas Münzer di Bloch. Analizzando attentamente i presupposti, le cause e gli esiti di questa controversia nota ma non conosciuta (come direbbe Hegel), mi propongo un duplice obiettivo. Da un lato, intendo vedere e comprendere da una prospettiva meno abusata le figure di Bloch e Kracauer, mostrandone le aporie e i punti di forza. Dall’altro lato, studiando entrambe le istanze in conflitto, provo a mostrare come esse, così vicine e così lontane, perseguano alla fine il medesimo scopo fondamentale: il riscatto dell’uomo e l’apertura dell’orizzonte di un possibile futuro diverso. Questa, in definitiva, è l’eredità – ancora più evidente nella loro furiosa polemica – di Bloch e Kracauer al mondo attuale, che sembra avere smarrito il senso del futuro.

The crucial relationship between religion and revolution on the path of utopia is at the centre of the philosophical reflection of many important thinkers, especially Germans, of the early twentieth century. Siegfried Kracauer and Ernst Bloch, two significant protagonists of the brief yet rich cultural season of Weimar Germany, meet and clash on this delicate junction. This paper intends to shed light on the violent controversy raged between the two philosophers in the aftermath of Kracauer’s harsh review of Bloch’s Thomas Münzer. By carefully analysing the premises, the causes and the outcomes of this known yet not understood dispute (as Hegel would say), I set myself a double purpose. On the one hand, I intend to see and understand the figures of Bloch and Kracauer from a less abused viewpoint, showing their contradictions and strengths. On the other hand, by studying both the conflicting perspectives, I try to show how those, so close and so far away, pursue in the end the same essential aim: the redemption of man and the opening of the horizon of a possible different future. Ultimately, this is the legacy – even more clear in their furious controversy – of Bloch and Kracauer to the present world, which seems to have lost the sense of the future.

DOI: 10.13134/2531-8624/16

L’ombra di Giordano Bruno nel pensiero del giovane Bloch

Nicola Alessandrini 

Questo lavoro è dedicato a un confronto tra il pensiero di Ernst Bloch e quello di Giordano Bruno. Lontani nel tempo e nello spazio, i due filosofi mostrano profonde compenetrazioni che vanno ben oltre la nota fascinazione che il filosofo di Ludwigshafen nutre nei confronti del Nolano. Lo specchio di tale confronto è offerto dal mito di Diana e Atteone, utilizzato dallo stesso Bruno ne Gli eroici furori come compendio della propria filosofia. Attraverso il racconto mitologico verranno enucleati alcuni temi (con particolare riferimento alle pagine del Geist der Utopie) in cui i due filosofi sembrano non solo incontrarsi ma trovare anche un fertile terreno dialettico.

This study aims to make a comparison between Ernst Bloch and Giordano Bruno’s thought. Distant in time and space, the two philosophers reveal a reciprocal deep interpenetration. These connections exceed the known fascination that the philosopher of Ludwigshafen nurtures towards the Nolan. The mirror of this comparison is offered by the myth of Diana and Actaeon, used by Bruno himself in The Heroic Frenzies as a summary of his Philosophy. Through the mythological narrative will be enumerated some themes (with particular reference to Spirit of Utopia) in which the two philosophers seem to find a common dialectical ground.

DOI: 10.13134/2531-8624/17

Mit Ernst Bloch den philosophischen Diskurs führen

Klaus Kufeld 

Lo Spirito dell’utopia di Bloch, pubblicato per la prima volta nel 1918, quarant’anni prima de Il principio speranza, dunque, è una risposta filosofica alla Grande Guerra. Nel suo primo capolavoro sistematico, Bloch concepisce l’utopia come un’alternativa in cui la “teoria della musica” fornisce all’indicibile un linguaggio: la “guerra indiscutibile”. Come il presente contributo mette in luce, Bloch contrastò con veemenza l’euforia degli interventisti (anche degli intellettuali), e la disperata propaganda a cui diede luogo. L’importanza assunta da Bloch non può non essere spiegata dalla sua risonanza nei movimenti collettivi di protesta. Nello Spirito dell’utopia il giovane Bloch già mostra i primi segni di una risonanza indiretta che dischiude il contenuto senza tempo della sua filosofia: una rinnovata interpretazione di Marx, e l’umanismo come suo obiettivo utopico; il “Wärmestrom” e l’introduzione del pensiero metafisico nel marxismo; un serio confronto con le religioni, specialmente con il cristianesimo (ma anche con l’ateismo) e con il loro nocciolo di speranza; il camminare eretti e l’atteggiamento etico del soggetto critico rivoluzionario. In questo senso, come il presente contributo intende mostrare, nel 1997 è stato fondato lo Ernst-Bloch-Zentrum, che vuole proporsi come “spazio per il discorso dell’utopia” con l’intento di mantenere aperto il pensiero utopico. Ciò significa inoltre rendere Ernst Bloch filosoficamente vivo per i posteri, portando avanti il discorso sociale con lui e su di lui.

Ernst Bloch’s Spirit of Utopia, published first in 1918 and thus 40 years before The Principle of Hope, is the philosophical answer to the First World War. In his first systematic Opus magnum, he bases his utopia as an alternative, in which a “Theory of Music” gives the unutterable a language: the “indisputable war”. Strongly speaking, he challenges the euphoria with which the peoples (also the intelligentsia) entered the war and how desperately it was campaigned. Bloch’s particular importance cannot not be explained from his resonance in collective protest moods; in Spirit of Utopia, the young Bloch already shows the first signs of an indirect resonance that open the timeless content of his philosophy: the renewed interpretation of Marx, humanism as its utopian target; the “Wärmestrom”, the introduction of metaphysical thinking into Marxism; the serious intercourse of religions, especially of Christianism, but also the atheistic, and the content of hope in them; the Upright Walk as the ethical habitus of the critical, revolutionary subject. In this sense, as the present paper intends to point out, the Ernst-Bloch-Centre was founded in 1997, which wants to be understood as a “discourse space of utopia” in order to keep up utopian thinking. And this means making Ernst Bloch philosophically alive for posterity by conducting the social discourse with him and around him.

DOI: 10.13134/2531-8624/18

Die utopischen Orte der Musik

Hans-Dieter Bahr 

Al cuore del Geist der Utopie Bloch pone una Filosofia della musica, contrapponendola all’interpretazione schopenaueriana, secondo la quale la musica esprime l’essenza estetica di un meccanismo universale privo di senso. Per Bloch, la musica sospinge oltre se stessa e oltre lo stato attuale di cose, dove ancora non si dà il suo luogo proprio. Grazie ad essa, l’uomo può porsi in puro e profondo ascolto di sé. Tornando alle radici del termine “u-topia”, il presente contributo sostiene che, in sintonia con l’antico progetto europeo sulla musica e sul suo potere formativo per l’anima, Bloch legga nelle grandi opere della musica una domanda ancora piena di mistero, rivolta al suo significato profondo, e che dall’abbondanza inesauribile di queste manifestazioni dello spirito, egli tragga l’anelito verso uno “spirito utopico” della musica, dove un posto speciale è riservato alle emozioni e ai sentimenti.

At the heart of The Spirit of Utopia, Bloch places a Philosophy of Music, which is at odds with Schopenhauer’s take on music construed as the aesthetic essence of a meaningless mechanical world. According to Bloch, music fosters us to go beyond both music itself and our actual condition, leading towards a proper place for music, which still does not exist. Thanks to music, humanity can purly and profoundly listen to its Self. Getting back to the original meaning of the term “U-topia,” the paper argues that, in resonance with the ancient European project on music and its educational power for the soul, Bloch learns from the great and famous musical works a question on the profound sense of music, which is still full of mystery, and that he draws on the inexhaustible abundance of these expressions of the Spirit in order to develop a tension towards an “utopian spirit” of music, in which emotions and feelings hold a special role.

DOI: 10.13134/2531-8624/19

L’occhio e lo spirito dell’utopia. Ernst Bloch, Carl Einstein e l’anacronismo delle immagini

Micaela Latini 

Questo articolo intende indagare la questione dell’ornamento in Spirito dell’utopia di Ernst Bloch, e in particolare le osservazioni contenute in riferimento al testo di Carl Einstein, Negerplastik. Al centro di queste riflessioni estetologiche blochiane si colloca il tema dell’anacronismo delle immagini, così come appare nell’ambito della Negerkunst, e come si profila nell’arte delle avanguardie di inizio Novecento. Il motivo dell’anacronismo è un tratto fondamentale nella lettura dell’arte africana da parte di Bloch e di Einstein, ma costituisce anche un argomento ricorrente e fondante dell’intera opera blochiana, e questo a partire dal concetto di utopia.

Aim of this paper is to investigate the question of the ornament in Ernst Bloch’s work Spirit of Utopia, and in particular the remarks contained in reference to Carl Einstein’s Negerplastik a short text written by the German Jewish art historian. The focus of these aesthetic reflections of Bloch is the theme of the anachronism of images, as it appears in the context of the Negerkunst, and as it appears in the avant-garde artistic movements of the early Twentieth century. The topic of anachronism is a fundamental trait in both Bloch's and Einstein's readings of African art, as well as being an ever-present subject in Bloch and one that lays the groundwork for his whole thinking, including his concept of “utopia”.

DOI: 10.13134/2531-8624/20

Adorno, Bloch e il campo d’azione dell’utopia. Un dialogo radiofonico

Elena Tavani 

Il saggio intende mettere a fuoco le rispettive proposte di Bloch e Adorno relative a un rinnovato pensiero dell’utopia, rinvenendo in entrambe una, sia pur differente, struttura ‘agonale’. Una breve citazione tratta da un’opera di Brecht, «manca qualcosa» (Mahagonny), è il punto di avvio della discussione radiofonica avvenuta nel 1964 tra Bloch e Adorno sulle contraddizioni e gli anacronismi dell’utopico. Secondo Bloch la frase rivela la presenza dell’utopia nel processo dell’essere, il che rende la speranza una strategia di lotta. Bloch fonda il suo argomento sulla base della tesi della ‘prossimità’ dell’utopia e attraverso una fenomenologia della coscienza utopica che si confronta con vari processi della realtà e con simboli e ‘topoi’ utopici incontrati lungo il cammino. Contro l’emergere di tali immagini del desiderio Adorno suggerisce che è possibile parlare di utopia solo negativamente e che il ‘campo d’azione’ dell’utopia consiste piuttosto nel mutamento di tutte le categorie – e non solo di quelle sociali ­– attraverso il procedimento della negazione determinata. Sostengo infine che entrambi i filosofi non traspongono l’utopia in un tempo futuro per il fatto che essa assume un valore agonale e operativo, che vede l’utopico agire criticamente come una trascendenza ‘immanente’ dell’esperienza concreta.

The essay aims at focusing on both Bloch’s and Adorno’s proposals for a renewed utopian thinking, claiming their differently ‘agonistic’ structure. Brecht’s short sentence «Something’s missing» (Mahagonny) gives way to a discussion between Ernst Bloch and Theodor W. Adorno broadcasted by radio in 1964 on the contradictions and anachronism of ‘the utopian’. The sentence reveals according to Bloch the very presence of utopia in the process of being, which makes hope a struggling strategy. Bloch substantiates his argument with the thesis of the ‘proximity’ of utopia and with the use of a phenomenology of utopian consciousness engaged with various processes of reality and with symbols and utopic ‘topoi’ encountered along the way. Against the emergence of such wish-images, Adorno suggests that we can talk about utopia only in a negative way and that the ‘operational theatre’ of utopia is rather a changing of all categories – not only in the social field – through determined negation. I argue that for both philosophers utopia is not transposed into the future because of its agonistic and operational value: it performs critically as ‘immanent’ transcendence of concrete experience.

DOI: 10.13134/2531-8624/21

Eingedenken. Ricordo del futuro e metafisica dell’interiorità nello Spirito dell’utopia di Ernst Bloch

Stefano Marchesoni 

Il presente contributo tenta di tracciare i contorni della teoria di Bloch dell’Eingedenken, così come la possiamo trovare nella prima edizione dello Spirito dell’utopia. Dopo qualche annotazione preliminare sulla particolare origine di questa parola non comune – al punto che potremmo considerarla un neologismo – il contributo si dedica ad esaminare attentamente alcuni brani tratti dal capitolo intitolato «Über die Gedankenatmosphäre dieser Zeit», con l’intento di mostrare come funzioni l’Eingedenken. Questo, infatti, non è, semplicemente, una forma di memoria o di rimembranza, dal momento che non si riferisce al passato, ma a qualcosa che non è realmente accaduto, e cioè alle potenzialità tenute in serbo dal passato. In seguito sono discussi alcuni paradossi che provengono da questa idea, e, infine, il contributo si rivolge alla lettura critica che dello Spirito dell’utopia diede Walter Benjamin, in particolare nel cosiddetto Frammento teologico-politico (1921). Lettura, a partire dalla quale Benjamin, in seguito, con l’inizio del lavoro sui passages parigini, svilupperà la propria teoria dell’Eingedenken.

This paper attempts to outline Bloch’s theory of Eingedenken according to the first edition of Spirit of Utopia (1918). After some introductory remarks on the peculiar origin of this unusual word – so much so that it can be characterized as a neologism – the paper focuses carefully on some passages taken from the chapter «Über die Gedankenatmosphäre dieser Zeit» in order to show how the Eingedenken works: it is not simply a form of memory or remembrance since it doesn’t refer to the past but to something that actually didn’t take place, i.e. to the potentialities hidden in the past. Some of the paradoxes involved in this idea are then briefly discussed. Finally, the paper moves to a discussion of the way in which Walter Benjamin critically read Spirit of Utopia – especially in his so called Theological-political Fragment (1921) – and in which he later developed (with the beginning of his unfinished project on the Parisian Arcades) his own theory of Eingedenken.

DOI: 10.13134/2531-8624/22

L’arcano delle cose. Verso una fenomenologia della cosa tecnica e dell’uso del mondo.

Guelfo Carbone 

La questione della cosa, e la connessa meditazione sulla tecnica moderna, sono certamente tra gli argomenti che più accomunano Bloch e Heidegger. Partendo da alcune suggestioni blochiane, il presente contributo si rivolge alla conferenza heideggeriana del 1949, intitolata Das Ding, per mettere in luce gli aspetti salienti che legano la fenomenologia della cosa alla questione della tecnica, caratterizzando il rapporto tra cosa e mondo nei termini dell’uso. Il contributo mostra infine come l’intreccio di uso, abbandono, e abitare, che emerge dalla tarda fenomenologia heideggeriana, dedicata all’inappariscente scorto nelle cose che tengono unito il mondo, delinei una problematica etica che fa cenno oltre l’ambito dell’autonomia del soggetto sovrano, e che lega insieme libertà e dipendenza, dimorare e usare.

The issue concerning the thing and the related meditation on technology are indeed key topics both for Bloch and Heidegger. Taking its cue from Bloch’s remarks on Heidegger’s philosophy, the paper addresses Heidegger’s 1949 conference entitled “The thing,” in order to emphasise the crucial aspects that connect the phenomenology of the thing to the question concerning technology, by stressing the relationship between thing and world in terms of use. The intertwining of use, releasement, and dwelling that comes up in Heidegger’s late phenomenology – devoted to the inapparent, which is grasped in the things that hold the fourfold world together – outlines an ethical path beyond the scope of the autonomy of the sovereign subject, in which liberty and dependency, as well as dwelling and using, are considered in unique meditation.

DOI: 10.13134/2531-8624/23

Bloch attraverso Deleuze e Guattari. Su alcune tracce condivise

Ubaldo Fadini 

Il presente contributo mette in luce la presenza dell’opera di Bloch nella riflessione filosofica di Deleuze-Guattari, prestando particolare attenzione al motivo dell’utopia, che viene ripreso, soprattutto da Deleuze, nelle sue tarde riflessioni sull’immanenza, la vita, l’attuale e il virtuale.

The contribution highlights the presence of Bloch’s work in the overall philosophical reflection of Deleuze-Guattari. Particular attention is paid, in this sense, to the relevance of the utopia motif that appears to be taken up, especially by Deleuze, in relation to his last reflections on immanence, life, the actual and the virtual.

DOI: 10.13134/2531-8624/24

Il pensiero estetico-musicale in Geist der Utopie

Anna Czajka 

Il saggio delinea la concezione blochiana della musica che costituisce il cuore e il tronco principale del libro del 1918. La musica infatti è per Bloch il medium essenziale del processo di autocomprensione e autorealizzazione umana che egli chiama «incontro con se stessi». La caratteristica della musica è quella di auscultare ed esprimere in anticipazioni sperimentali la «cosa», l’essenza umana e cosmica in perenne movimento verso il proprio compimento. Bloch espone in questa ampia sezione una sintetica storia della musica, il nucleo di un’estetica «spontanea-speculativa» e i lineamenti di una teoria della musica di ispirazione utopica. Il saggio tratteggia questi momenti collocandoli sia nel contesto di origine sia nell’arco di una recezione non ancora adeguata al livello e all’attualità di questo pensiero.

The essay outlines Bloch’s conception of music which forms the heart and the main trunk of the book of 1918. In fact, music is for Bloch the essential medium of the process of man’s self-understanding and self-realisation he calls «encounter with oneself». Distinctive characteristic of music is to «auscultate» and express in experimental anticipations the «real thing», man’s and world’s essence in its perennial movement towards its accomplishment. In this large section Bloch expounds a concise history of music, the core of a «spontaneous-speculative» aesthetics, and the main lines of a theory of music with utopian inspiration. The essay sketches these moments and places them both in the context of their origin and in the frame of a reception not yet commensurate with level and relevance of this thought.

DOI: 10.13134/2531-8624/25

Per un nuovo Rinascimento. Leonardo da Vinci come sintesi di cultura umanistica e cultura tecnico-scientifico

Giacomo Marramao 

Traduzione italiana della Lectio Magistralis “For a New Rainassance. Leonardo da Vinci as a synthesis of humanistic and technical-scientific culture”, tenuta in occasione della cerimonia inaugurale della XXVII International Philosophy Olympiads, che si è svolta a Roma, il 16 maggio 2019 presso la Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno. La lectio propone una chiave di lettura filosofica di Leonardo da Vinci, nel tentativo di fare emergere come il complesso della sua opera artistica, scientifica e tecnica fornisca un’immagine della natura e della dimensione umana capace di gettare luce sui problemi del nostro tempo. Intende dimostrare che Leonardo è non solo un uomo della sua epoca, l’epoca del Rinascimento italiano ed europeo, ma una figura che – con le sue opere, le sue ricerche e con le riflessioni consegnate nelle migliaia di fogli, disegni e progetti che ci sono pervenuti – ha tratteggiato i profili di una New Renaissance, i cui orizzonti vanno aldilà dell’Italia e della stessa Europa, investendo problemi e prospettive transculturali, in grado di attraversare e coinvolgere tutte le culture in un mondo ormai globalizzato.

Italian translation of the Lectio Magistralis “For a New Rainassance. Leonardo da Vinci as a synthesis of humanistic and technical-scientific culture”, held on the occasion of the opening ceremony of the XXVII International Philosophy Olympiads, which took place in Rome on May 16th , 2019 at the Higher School of the Administration of the Interior. The lectio proposes a philosophical interpretation of Leonardo da Vinci,
in an attempt to bring out how the complex of his artistic, scientific and technical work provides an image of nature and the human dimension capable of shedding light on the problems of our time. It intends to demonstrate that Leonardo is not only a man of his era, the era of Italian and European Renaissance, but a figure who – with his works, his research and the reflections delivered in the thousands of sheets, drawings
and projects that we have arrived – has outlined the profiles of a New Renaissance, whose horizons go beyond Italy and Europe itself, investing cross-cultural problems and perspectives, able to cross and involve all cultures in a globalized world.

DOI: 10.13134/2531-8624/26

L’eresia originaria e le sue alterazioni. II – Definizione giovannea e dispositivo dialettico di un’idea cristiana

Gaetano Lettieri 

Il saggio è dedicato a difendere la centralità storico-interpretativa della categoria di eresia, restituita come caratterizzata da un dispositivo apocalittico e considerata irrinunciabile per una rigorosa indagine critica e non confessionale delle origini cristiane, seppure il termine sia raramente attestato nel I secolo. Accanto alla nozione tradizionale, dogmatico-confessionale (e giovannea) di eresia si propone un’altra definizione di eresia, dinamica e relativa, assunta in senso storico-critico come pretesa kerygmatica, che viene allontanandosi, in misura più o meno radicale, dalla scaturigine ebraica, che indelebilmente segna l’identità del riferimento irrinunciabile di qualsiasi pretesa cristiana: l’ebreo eretico Gesù di Nazareth. Nascendo come polimorfa eresia ebraica, il cristianesimo si afferma pertanto come nuovo sistema religioso attraverso l’equilibrio protocattolico tra fedeltà alla propria origine di scarto eretico e condanna di interpretazioni cristiane troppo remote dalla matrice ebraica.

The essay is dedicated to defending the historical-interpretative centrality of the category of heresy, returned as characterized by an apocalyptic device and considered indispensable for a rigorous critical and non-confessional investigation of Christian origins, although the term is rarely attested in the first century. Alongside the traditional, dogmatic-confessional (and Johannine) notion of heresy, another definition of heresy is proposed, dynamic and relative, assumed in a historical-critical sense as a kerygmatic claim, which is moving away, to a more or less radical extent, from the source Jewish, which indelibly marks the identity of the inalienable reference of any Christian claim: the heretical Jew Jesus of Nazareth. Being born as a polymorphic Jewish heresy, Christianity is therefore affirmed as a new religious system through the proto-Catholic balance between fidelity to its heretical origin of waste and condemnation of Christian interpretations too remote from the Jewish matrix.

DOI: 10.13134/2531-8624/27

Jean-Luc Nancy e L’imperativo categorico

Mariannina Failla 

Il saggio si sofferma sulla proposta interpretativa dell’imperativo categorico avanzata da J-L. Nancy. Il filosofo francese non si limita ad interpretare la coppia categorico/ipotetico attraverso la logica aristotelico, ma s’interessa alla potenza pratica dell’ordine categoriale della logica trascendentale, alla prescrittività di tale ordine o, per meglio dire, alla sua auto¬prescrittività.  Esso è “ordine della relazione fra esistenti”; la sua imperatività implica che il “mondo debba essere”, debba essere messo “assolutamente in opera”. Coerente con la centralità del kategorèin in ambito pratico, Nancy ritiene essenziale l’espressione kantiana “legge universale della natura” per individuare il significato della formulazione dell’imperativo categorico. Tale significato sarà illustrato con un duplice movimento argomentativo: il confronto con le opere etiche kantiane (Fondazione della metafisica dei costumi e Critica della ragione pratica, in particolare Prefazione  e Tipica del giudizio pratico puro), da un lato e l’analisi della critica che Nancy avanza nei confronti di interpretazioni soggettiviste o “egoiste” dell’universalizzazione della massima categorica, dall’altro.  A ciò si connetteranno riflessioni sul complesso rapporto fra imperiosità coercitiva del comando e libertà. Nell’interpretazione di Nancy emerge, a questo proposito, una richiesta inedita e molto interessante: egli ci invita a non pensare che sia l’imperatività assoluta della massima categorica a determinare la nostra libertà, bensì al contrario che sia la libertà ad autodeterminarsi come imperativa. Il saggio terrà conto, nella fase finale, del tema del male e della radicale interpretazione di sapore paolino che sembra trasparire dalle parole di Nancy.

The essay focuses on J.-L. Nancy’s proposal to interpret the categorical imperative. He conceives the categorical/hypothetical pair in the light of Aristotelian-scholastic logic, asserting: categorical is an absolute affirmation of the predicate of a subject, while hypothetical corresponds to the conditional affirmation of a predicate for a subject. J.-L. Nancy doesn’t only refer to this, but he is also interested in the practical power of the categorical order of transcendental logic, in the prescriptiveness of that order or, to be more precise, in its self-prescriptiveness. This order is “the order of the relationship between existents” centrality of kategorèin in the field of praxis. Nancy considers the Kantian expression “universal law of nature” essential to identify the meaning of the formulation of the categorical imperative. This meaning will be illustrated with a double argumentative movement: the comparison with Kantian ethical works (Foundation of the Metaphysics of Customs and Critique of Practical Reason, in particular Preface and Typical of pure practical judgment), on the one hand, and the analysis of the critique that Nancy makes of subjectivist or “egotistic” interpretations of the universalisation of the categorical maximum, on the other. This will be connected with reflections on the complex relationship between the coercive imperiousness of command and freedom.

DOI: 10.13134/2531-8624/28

An Unsolved Question. Husserl’s Path toward Genetic Intersubjectivity

Alice Pugliese 

Il problema dell'intersoggettività ha un destino ambiguo all'interno della fenomenologia, poiché risponde ad un atteggiamento contraddittorio. Da un lato, la questione dell'intersoggettività sembra essere solo l'applicazione delle teorie e dei metodi fenomenologici ad una particolare questione di fatti. Dall'altro, le questioni relative all'intersoggettività hanno un grande peso proprio per il loro manifesto significato pratico, esistenziale e personale. Proprio quest’ultimo elemento ha indotto la tradizione francese (J. P. Sartre, M. Merleau-Ponty, E. Levinas e oggi J. L. Marion e J. L. Nancy) a trarre conseguenze esistenziali dall'analisi epistemologica husserliana. In questo saggio, l’autrice cerca di ricostruire il percorso di Husserl verso una teoria dell'intersoggettività che possa essere opportunamente definita come "genetica". A tal fine, prenderà in considerazione due momenti testuali cruciali all'interno del vasto corpus di Husserl: un primissimo manoscritto sull'intersoggettività del 1905 e le conferenze di Husserl a Parigi: le Meditazioni cartesiane (1929).

The problem of intersubjectivity has an ambiguous fate within phenomenology, since it is the object of a contradictory attitude: on the one hand, the question of intersubjectivity seems just to be an application of phenomenological theories and methods to a particular matter of fact. On the other hand, the issues related to intersubjectivity are loaded with high expectations due to their manifest practical, existential and personal meaning. This is what inspired the French tradition (J. P. Sartre, M. Merleau-Ponty, E. Levinas and today J.-L. Marion and J.-L. Nancy) to draw substantial existential consequences from the Husserlian epistemological analysis. In this paper I try to reconstruct Husserl’s path towards a theory of intersubjectivity that can be appropriately defined as “genetic.” To this end, I will consider two crucial textual moments within Husserl’s large body of work: a very early manuscript on intersubjectivity from 1905 and Husserl’s lectures in Paris, the Cartesian Meditations (1929).

DOI: 10.13134/2531-8624/29

Vers Jacqueline Risset – Introduzione

Marina Galletti 

DOI: 10.13134/2531-8624/30

Vers Jacqueline Risset

Valeria Pompejano 

DOI: 10.13134/2531-8624/31

Per Jacqueline

Roberto Esposito 

DOI: 10.13134/2531-8624/32

Jacqueline Risset lettrice

Valerio Magrelli 

DOI: 10.13134/2531-8624/33

Premier Moment

Michel Canteloup 

DOI: 10.13134/2531-8624/34

“… eminentemente filosofica”

Umberto Todini 

DOI: 10.13134/2531-8624/35

Dal grido animale al silenzio dolente: una vergogna senza colpe

Rossella Bonito Oliva 

L’Autrice ripercorre il tema della violenza sulle donne e del diverso modo di vivere e metabolizzare la vergogna da parte delle figure maschili attraverso le vicende emblematicamente uguali e diverse di Sufiya e Lucie narrate da J. M. Coetzee e da S. Rushdie. Benchè ambientate in due realtà molto differenti, il Pakistan e il Sudafrica, la condizione delle due donne è molto simile, assimilate dalla violenza subita e dallo stigma della vergogna, intesa hegelianamente come pathos della separatezza, come emergere della paura originaria del finito, che l’uomo vuole superare attraverso la procreazione.

The author traces the theme of violence against women and the different way of living and metabolizing shame by male figures through the emblematically same and different stories of Sufiya and Lucie narrated by J. M. Coetzee and S. Rushdie. Although set in two very different realities, Pakistan and South Africa, the condition of the two women is very similar, assimilated by the violence suffered and by the stigma of shame, understood Hegelianally as pathos of separateness, as the emergence of the original fear of the finite, which the man wants to overcome through procreation.

DOI: 10.13134/2531-8624/36

Irène Némirovsky: la parola come destino e come catarsi

Giovanna Costanzo 

La vicenda biografica della scrittrice Irène Némirovsky è segnata da due importanti eventi storici: la rivoluzione russa e la Shoah. Appartenente alla ricca borghesia ebraica; scappa con la famiglia nel 1918 da San Pietroburgo; trasferitasi poi a Parigi; ottiene un grande successo come scrittrice. Nonostante la fama e la conversione al cattolicesimo; nel 1942 viene deportata e muore ad Auschwitz. Vissuta fra città diverse; obbligata a un cosmopolitismo che la renderà un’apolide; segnata da un perfetto bilinguismo; si sentirà estranea alla lingua materna; il russo; e a suo agio nella lingua di adozione; il francese; una radice ebraica che le farà ritrarre vizi e difetti della sua gente; ma che rigetta come una parte inacettabile di sé; critica acuta di una civiltà avida ma al collasso; ma capace di ritrarre passioni primordiali e difendere una femminilità non più relegata al ruolo di madre e moglie. Contraddizioni che emergono nella scrittura e con cui difende la sua marginalità ed estraneità dal mondo che la circonda. 

The biographical story of the writer Irène Némirovsky is marked by two important historical events: the Russian Revolution and the Holocaust. Belonging to the wealthy Jewish bourgeoisie, she escaped with her family in 1918 from St. Petersburg and then moved to Paris, achieving great success as a writer. Despite her fame and conversion to Catholicism, in 1942 she was deported and died in Auschwitz. She lived between different cities, forced to a cosmopolitanism that would make her a stateless person; marked by a perfect bi-lingualism, she felt extraneous to her mother tongue, Russian, and at ease in her adopted language, French; a Jewish root that will make her portray vices and defects of her people, but that she rejects as an unacceptable part of herself; acute criticism of a greedy but collapsing civilization, she was able to portray primordial passions and defend a femininity no longer relegated to the role of mother and wife. Contradictions that emerge in his writing and with which she defends his marginality and estrangement from the world around her.

DOI: 10.13134/2531-8624/37

Agnes Heller: sul valore del caso e sull’amore per la libertà

Giovanna Costanzo 

Ricordo della filosofa ungherese Ágnes Heller, allieva di Luckacs, attenta e vigile interprete degli eventi più significativi del Novecento. Una donna che ha dato testimonianza fino all’ultimo giorno della sua vita della cura per la filosofia come luogo privilegiato entro cui fronteggiare le derive nichilistiche e ideologiche. Una filosofia interpretata come esperienza e non come contemplazione, come patrimonio di idee da traghettare dal passato verso il futuro, come interpretazione dei risvolti più oscuri e bui della storia, e di quello spazio di libertà di agire dell’uomo chiamato caso.

Obituary of the Hungarian philosopher Ágnes Heller, a pupil of Luckacs, a careful and watchful interpreter of the most significant events of the Twentieth Century. A woman who gave testimony until the last day of her life of care for philosophy as a privileged place in which to deal with nihilistic and ideological drifts. A philosophy interpreted as experience and not as contemplation, as a heritage of ideas to be carried from the past to the future, as an interpretation of the darkest aspects of history, and of that space of freedom for the action of man called chance.

DOI: 10.13134/2531-8624/38

Elvio Fachinelli: convergenze estatiche

Alessandro Strabioli 

L’esperienza estatica è stata storicamente e culturalmente percepita come un tentativo da parte dell’essere umano di estraniarsi dalla realtà. Confinata a una condizione emotiva ed esperienziale inconsueta, se non del tutto insignificante, in essa sono state colte le più disparate patologie, e a essa ricondotte tutta una serie di disfunzioni ritenute pericolose per la solidità dell’Io. Eppure, il lavoro di Elvio Fachinelli, psichiatra e psicanalista, ci suggerisce che proprio in tale zona di frontiera è possibile rintracciare una potenzialità antropologica comune, una disponibilità psichica, corporea e desiderante che forse è tempo di riscoprire e valorizzare. L’estatico, per sua natura, si pone al di là d’ogni volontà d’emarginazione e d’isolamento. A questa risorsa nient’affatto esclusiva è possibile accedere solo rifiutando alcuni pregiudizi della nostra società, che tende sempre più a intravedere nelle forme d’espressione non immediatamente riconoscibili un rischio per la tenuta identitaria.

The ecstatic experience is historically and culturally perceived as an attempt by the human being to become estranged from reality. Enclosed in an unusual, emotional, and experimental condition – definable meaningless, indeed – it has been connected with a variety of pathologies, as well as several dysfunctions considered dangerous for the firmness of the Ego. However, the work of the psychologist and psychoanalyst
Elvio Fachinelli suggests that is exactly in this specific boundary that the anthropologic potential can be found. It’s a psychic, bodily and desiring availability, which perhaps it is time to rediscover and valorize. The ecstatic, due to its nature, stands beyond any purpose of marginalization and isolation. This non-exclusive resource can only be accessed by rejecting certain prejudices of our society, which has an increasing tendency to understand risks in way of expression that cannot have been directly connected with the preservation of the self.

DOI: 10.13134/2531-8624/39

Fra l’occhio e l’orecchio: la questione della forma in Luciano Berio e Paul Klee

Stefano Oliva 

Secondo Luciano Berio, nell'ascolto musicale è possibile trovare due elementi: l'intermediazione tra suono e immagine e la manifestazione di uno spazio altrimenti inaccessibile e sacro. Ma come giustificare tale intermediazione e come articolare tale manifestazione? La nozione che può aiutare ad elaborare un tentativo di risposta a queste domande è quella di forma, alla quale Berio ha dedicato alcuni saggi teorici tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta, per poi tornare sull'argomento nel corso di successive rielaborazioni. Partendo da una ricostruzione del significato di questo termine negli scritti di Berio, risalirò alle fonti che hanno ispirato la riflessione del compositore (in particolare gli scritti teorici di Paul Klee) e metterò in evidenza il rapporto tra suono e immagine nell'esperienza di uno spazio misterioso aperto dalla musica.

According Luciano Berio, in musical listening it is possible to find two elements: the intermediation between sound and image and the manifestation of an otherwise inaccessible and sacred space. But how to justify such intermediation and how to articulate such a manifestation? The notion that can help to elaborate an attempt to answer these questions is that of form, to which Berio dedicated some theoretical essays
in the late 1950s and early 1960s, then returning to the subject in the course of subsequent reworkings. Starting from a reconstruction of the meaning of this term in Berio’s writings, I will go back to the sources that inspired the composer’s reflection (in particular Paul Klee’s theoretical writings) and highlight the relationship between sound and image in the experience of a mysterious space opened by music.

DOI: 10.13134/2531-8624/40

Il tempo come indice estetico in Deleuze

Valentina Gravili 

Il problema del tempo risulta particolarmente implicato nella vasta produzione deleuziana di concetti come quello di differenza e ripetizione, creazione, evento, senso, divenire, virtuale, immagine-movimento e immagine-tempo. Per questo motivo risulterebbe fuorviante trattarlo come una questione isolata, senza considerare come esso scaturisca dall’assemblaggio di continui rimandi verso altri concetti e autori. In questo articolo si vuole proporre una breve ricostruzione dell’idea di tempo in Deleuze, nello specifico quella di un tempo non-cronologico e impersonale, attraverso l’analisi di alcuni concetti noti dell’autore. Principalmente si vuole leggere tale concezione di tempo non cronologico come inseparabile da un discorso sul cinema, tanto da poterlo considerare come un indice estetico attraverso cui pensare ad una vita impersonale.

The issue of time seems to be central in the large deleuzian production of concepts such as difference and repetition, creation, event, sense, becoming, virtuality, image-movement and image-time. For this very reason, it would not be treated as an isolated problem in Deleuze’s philosophy, it results to be the assembly of references to other concepts, facets and folds. This article introduces a short reconstruction of the theme of time, focusing on a non-chronological and non-personal idea of time. This particular conception of non-chronological time seems to be inseparable from a speech on cinema, therefore this time might considered to be an aesthetic principle through which it is possible to think about an impersonal life.

DOI: 10.13134/2531-8624/41

Bloch e il criticismo

Federico Rampinini 

Questo studio pone l’attenzione sul rapporto che Bloch instaura con gli scritti kantiani del periodo critico. Gli studiosi hanno più volte messo in luce l’apprezzamento di Bloch per la filosofia pratica e il Sollen kantiano, considerato come un impulso alla trasformazione utopica, da contrapporsi all’immobilismo che può scaturire dal panlogismo hegeliano. Tuttavia, grazie all’analisi delle lezioni tenute a Leipzig, è possibile precisare questo rapporto, e rilevare come il giudizio di Bloch sull’etica kantiana si faccia, dopo l’adesione al marxismo, più analitico e al contempo più severo. L’unica componente del pensiero kantiano che, nel corso degli anni, continuerà a godere della stima di Bloch è la riflessione sulla storia.

The present work is focused on the relationship that Bloch establishes with the writings of the so-called Kantian critical period. The more critical literature has often addressed how Bloch had always appreciated Kant’s practical philosophy and seen in Sollen a remarkable impulse to the utopical transformation, opposed to Hegel’s panlogism. Nonetheless, thanks to a study of the lessons held in Leipzig, it is possible to better
analyze this relationship and spot how Bloch’s judgement concerning the Kantian ethics, after his adhesion to marxism, takes a more analytic and severe turn. The only element of Kant’s thought that will still be esteemed by Bloch throughout the years is the historical reflection.

DOI: 10.13134/2531-8624/42

Il circolo e l’origineLa questione del significato e delle categorie nella Habilitationsschriftdi Martin Heidegger

Matteo Valdarchi 

Partendo dalla domanda centrale del giovane Heidegger (“come elaborare un sistema di categorie rilevanti per la vita storica?”), l’articolo intende gettare luce su uno scritto ben noto ma poco studiato, in cui questa domanda trova una elaborazione e sviluppo originale: la tesi di abilitazione di Heidegger Die Kategorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotus (La dottrina delle categorie e del significato di Duns Scoto). Essa contiene la prima proposta autonoma di sviluppo concettuale del giovane filosofo tedesco, e pone le basi per il progetto che, a partire dal Kriegsnotsemester del 1919, prenderà il nome di “scienza originaria” della vita. Vale quindi la pena di indagare questo testo giovanile, che non si limita a ripetere i risultati dei maestri (come, ad esempio, La dottrina del giudizio nello psicologismo), ma apre nuovi scenari di riflessione, non ultimo l'appropriazione originale della fenomenologia husserliana da parte del giovane Heidegger.

Starting from the central question of the young Heidegger: how to elaborate a system of categories relevant to historical life, the paper intends to shed light on a well-known but little studied writing, in which this question finds an original elaboration and development: the Habilitation thesis of Heidegger, entitled Die Kategorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotus (Duns Scotus’ Theory of the Categories and of Meaning).
It contains the first proposal for autonomous thought from the young German philosopher, which lays the foundations for the project that, starting with the Kriegsnotsemester of 1919, will take the name of “original science” of life. It is worthwhile, therefore, to investigate this youthful text, which does not limit itself to repeating the results of the masters (as, for example, The Doctrine of Judgement in Psychologism does), but opens up new scenarios for reflection, not least the original appropriation of Husserlian phenomenology by the young Heidegger.

DOI: 10.13134/2531-8624/43

Georges Bataille. L’istante e il segreto. Di due libri batailleani

Fausto De Petra 

Jacqueline Risset – L’à côté proustiano

Sara Svolacchia 

Christopher Hauke e Ian Alister (a cura di) – Jung & Film: Post-Jungian Takes on the Moving Image

Rolando Longobardi 

Karl Marx – Manoscritti economico-filosofici del 1844

Luca Mandara 

Carlo Crosato – Critica della sovranità. Foucault e Agamben. Tra il superamento della teoria moderna della sovranità e il suo ripensamento in chiave ontologica

Giuseppe Goisis 

Letizia Tomassone e Adriana Valerio (a cura di) – Bibbia, donne, profezia. A partire dalla Riforma

Francesca Brezzi 

Valeria Bizzari – Sento quindi sono. Fenomenologia e Leib nel dibattito contemporaneo

Nicolò Bugiardini 

Chiara Di Marco (a cura di) – Georges Bataille. De mots pour l’impossible

Sabrina Cardone 

Nella stessa collana

A cura di: Chiara Magni, Francesca Iannelli, Stefania Achella
A cura di: Giuseppe Martini, Vinicio Busacchi
A cura di: Francesca Brezzi, Francesca Gambetti, Maria Teresa Pansera